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Scegliere è perdere o è diventare? 🌿 Prima pillola di filosofia quotidiana

  • Immagine del redattore: Maria Elena Basso
    Maria Elena Basso
  • 7 nov
  • Tempo di lettura: 3 min

     Un po' di tempo fa, ho partecipato ad un Festival di Filosofia. Un evento semplice, raccolto, ma capace di toccare corde profonde.

Sul palco, un attore straordinario ha portato in scena il pensiero di Kierkegaard, il filosofo danese che ha indagato come pochi altri la vertigine della scelta.


     Tra noi presenti un pensiero, tra tutti, è rimasto lì, sospeso nell’aria, in quel silenzio che era venuto a formarsi: scegliere è sempre perdere qualcosa.


     Quando scegliamo, sia che si tratti di un lavoro, di un amore, di una città o  di una direzione, inevitabilmente questo ci obbliga a lasciarci alle spalle qualcosa.

E più possibilità abbiamo, più la rinuncia si fa sentire, come se fosse un piccolo lutto, con quella voce insinuante che dice: “E se avessi scelto altro? Sei sicuro che questa è la giusta scelta?”


    Una sensazione di questo tipo ci può accompagnare in modo sottile, quasi impercettibile, altre volte invece si presenta come un vero e proprio peso, quasi un rimorso anticipato.

Ma ecco il passaggio che mi ha maggiormente colpita: scegliere è anche il modo in cui ci costruiamo.


     Questo pensiero mi ha illuminato e, in fondo, mi ha dato sollievo offrendomi una prospettiva interessante, ossia ogni decisione, ogni passo che prendiamo, definisce un pezzetto di chi siamo, della nostra persona e della nostra vita.

Non esistiamo prima delle nostre scelte. 

Esistiamo nelle nostre scelte.


 Kierkegaard, ci dice una cosa semplice e rivoluzionaria: diventiamo noi stessi scegliendo noi stessi.


     E allora sì, è vero, qualcosa si perde quando scegliamo, ma qualcosa — forse molto di più — lo guadagniamo: si guadagna un senso, una direzione, una forma. La ‘nostra’ forma.

La rinuncia, allora, non è una perdita ma diventa uno spazio vuoto che lascia entrare qualcosa di più autentico perché è la ‘nostra’ scelta e si trasforma in un vuoto che diventa lo spazio abitato da noi stessi.


    Anch’io ho vissuto tutto questo in prima persona.

Le scelte importanti della mia vita sono arrivate, spesso, con un carico di crisi, paure e domande scomode.

Una su tutte: quando ho lasciato il mio lavoro come assistente di volo. Un professione che amavo, che mi ha dato tanto — la bellezza del viaggio, l’incontro con mille volti diversi, l’adrenalina del volo — ma che, a un certo punto, ha smesso di parlarmi e di appassionarmi.


     L’ho lasciato per scegliere l’incertezza, per inseguire una strada che non aveva nessuna sicurezza, né ali per volare né mappe che mi portassero ad un tesoro nascosto né paracadute per addolcire le cadute, ma era quello che volevo: la libera professione come coach.

Ero giovane — anche se non più giovanissima — e ogni tanto, lo ammetto, mi chiedevo se avessi fatto una scelta folle e scellerata.

     Ho quindi rinunciato a uno stipendio sicuro, a un’identità professionale chiara, a un mondo conosciuto.


     Oggi però, guardandomi indietro, so che quella scelta mi ha reso più forte e mi ha arricchito.

Mi ha aperto mondi ‘diversi’ che non avrei mai incontrato, come il mondo delle aziende, quello delle piccole e medie imprese e delle loro lotte per affermarsi e avere il diritto di esistere, delle università con giovani pieni di sogni e speranze sul loro futuro, delle persone ‘comuni’ che, con coraggio, decidono di mettersi in cammino in un percorso di crescita che a volte li spinge lontano dal loro confort.


    Mi ha insegnato a conoscere la varietà della vita, la diversità delle strade, il valore profondo delle decisioni personali.

Mi ha resa, paradossalmente, ancora più libera, libera nel cuore, nella testa, nella creatività.


     Ed è proprio questo il senso che ho trovato in questi incontri con la filosofia, ascoltando quelle parole.

Non si è trattato tanto di una risposta filosofica, quanto di una conferma esistenziale, ossia che scegliere, anche quando fa male, è l’atto più concreto di libertà che facciamo nei nostri confronti.

È lì che diventiamo quello che siamo! È lì che ci possiamo riconoscere come individui unici, liberi, creatori della nostra esistenza, grazie alle nostre scelte.


    E allora ti invito a fare una cosa semplice, che richiede solo cinque minuti. Fermati un momento, e chiediti: c’è una scelta che sto rimandando per paura di perdere qualcosa?


    Non serve una risposta perfetta, basta un pensiero onesto, sincero con te stesso/a, scrivilo, se vuoi, mettilo su carta. 

Poi lascia spazio ai tuoi pensieri e alle scelte che hanno accompagnato la tua vita, fino a renderti la persona che sei oggi. 


    E se ti va, condividi qui sotto nei commenti:

– una riflessione,

– un’esperienza che ti ha segnato,

– o anche solo una parola, quella che oggi per te significa scegliere.


   Le parole che ci risuonano dentro non sono mai solo nostre. Forse, tra le tue e le mie e quelle di altri che scriveranno, possiamo trovarci e riconoscerci, in quel piccolo spazio chiamato libertà di scelta.

 
 
 

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