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Il respiro sottile della fiducia

  • Immagine del redattore: Maria Elena Basso
    Maria Elena Basso
  • 3 set
  • Tempo di lettura: 2 min

La fiducia è una presenza discreta. Non fa rumore, non si impone. Ma quando c’è, si sente. Si respira. Si avverte nello spazio che lascia libero, nell’assenza di controllo, nella possibilità di sbagliare senza paura di essere abbandonati.


Fidarsi significa, letteralmente, affidarsi. Offrire una parte vulnerabile di sé a un’altra persona, a un progetto, a un’idea, senza avere la garanzia assoluta del risultato. È un atto rischioso, sempre. Eppure, è proprio lì, in quello spazio di rischio, che nasce la possibilità di un legame autentico, di un cambiamento vero, di un’azione coraggiosa.


Ma da dove nasce la fiducia? Come si costruisce?


Fiducia come risultato di coerenza

Secondo Simon Dolan, economista e psicologo del lavoro, la fiducia si radica in tre valori fondamentali: etica, emozione e razionalità. È questo il cuore del suo modello Managing by Values. La fiducia non nasce dal nulla: presuppone coerenza tra ciò che diciamo e ciò che facciamo, tra i nostri valori dichiarati e quelli agiti.

Se una persona è capace di mostrarsi integra, coerente e responsabile, allora diventa credibile. E la credibilità, dice Dolan, è la porta d’accesso alla fiducia.

In altre parole: non ci fidiamo di chi è perfetto, ma di chi è autentico.


La fiducia non si domanda, si ispira

Uno degli equivoci più diffusi è pensare che la fiducia sia qualcosa che si può pretendere. Non è così. La fiducia è un riconoscimento, non una richiesta. Si conquista con il tempo, con la presenza costante, con piccoli gesti ripetuti che dicono: ci sono.

E soprattutto, non si può costruire senza l’altro. La fiducia non è mai una questione individuale, è sempre relazione.

Non possiamo decidere da soli di essere affidabili: possiamo solo renderci degni di fiducia attraverso la cura del rapporto.


I presupposti della fiducia: libertà e vulnerabilità

C’è una parola che spesso accompagna la fiducia ed è rischio. Fidarsi implica l’accettazione dell’incertezza.

Come scriveva il filosofo Paul Ricoeur, «la fiducia è una scommessa sulla bontà dell’altro». Una scommessa che implica vulnerabilità.

Ma fidarsi significa anche lasciare andare il controllo.

In azienda come in famiglia, in una relazione come in un progetto, non possiamo chiedere autonomia se non siamo disposti a fare spazio, ad accettare che le cose vengano fatte anche in un modo diverso dal nostro.

La fiducia presuppone quindi libertà reciproca: io ti do fiducia non per possederti, ma per vederti fiorire.


Un seme che cambia tutto

La fiducia è ciò che trasforma un gruppo in una squadra, un capo in un leader, una coppia in una relazione vera.

È il seme invisibile da cui può nascere la crescita.

E proprio perché invisibile, fragile, non va mai data per scontata.

Saper generare fiducia, oggi, è una competenza tanto rara quanto preziosa. In un mondo in cui tutto si può misurare, contare, valutare, la fiducia resta uno degli ultimi atti profondamente umani.

E anche uno dei più rivoluzionari.


Se senti che in questo momento ti stai interrogando sulla fiducia, quella da dare, quella da ricevere, o quella che forse hai perso,  sappi che è una strada che si può percorrere anche insieme.

Con delicatezza, presenza e uno sguardo nuovo.

 Scrivimi, se desideri un confronto.


 
 
 

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