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Chiudere i cerchi: l’arte silenziosa del lasciare andare

  • Immagine del redattore: Maria Elena Basso
    Maria Elena Basso
  • 21 ago
  • Tempo di lettura: 4 min

Ci sono momenti nella vita in cui restiamo incagliati in ciò che non ci è più utile.

Un lavoro che non ci rappresenta più, un’amicizia che ha smesso di nutrirci, una relazione affettiva che ci pesa più di quanto ci sollevi.

A volte può trattarsi anche di un’idea dal sapore stantio, nella quale non ci riconosciamo più.  Altre volte può trattarsi di un’idea che ci ha guidato, motivato, sostenuto o addirittura può essere l’idea su ‘chi’ volevamo diventare, su cosa volevamo realizzare, su quale strada seguire.


Eppure, restiamo.

A volte per abitudine, altre per paura, altre ancora per affetto o per senso di coerenza.

Restiamo anche quando tutto, dentro e fuori di noi, ci sussurra che quel ciclo è finito.


Certo non è sempre facile, ma chiudere un cerchio non è un gesto di rinuncia, è un atto di profonda consapevolezza (vedi articolo ‘Dove nasce il cambiamento’) e richiede una buona dose di coraggio.

Significa riconoscere che un tempo quell’idea, quell’affetto o quella persona è stato/a importante, ma ora si è trasformato/a.

E in questo gesto, solo apparentemente piccolo – ma in realtà potentissimo – c’è tutta la dignità di chi sa camminare nella vita con intenzione e presenza.


Perché è così importante chiudere i cerchi?

Perché ciò che non viene chiuso continua a pesare sulla nostra vita.

Rimane lì, a occupare spazio mentale, emotivo, talvolta anche fisico e tutto questo impedisce al nuovo di entrare.

Un nuovo lavoro, una nuova amicizia, una nuova possibilità di amare, una nuova idea.

La vita non bussa se trova tutte le stanze occupate dal passato. 

Questo vale per le idee a cui spesso ci affezioniamo, fatichiamo a liberarcene magari perché un tempo sono state fari nella nostra vita. Ma se oggi non ci illuminano più, se ci limitano invece di espanderci, allora meritano di essere lasciate andare.

In questo cambio di prospettiva non dobbiamo sentirci dei traditori. Al contrario, significa che siamo vivi e partecipi alla vita. 

 

Ho imparato a farlo anch’io

Con il tempo, e non senza fatica lo confesso, ho imparato a chiudere cerchi importanti della mia vita.

Ho lasciato andare maestri che mi hanno arricchita profondamente: figure che mi hanno dato strumenti, visioni, bellezza e che proprio attraverso quei doni mi hanno permesso, un giorno, di andare oltre.

Con dolore – non lo nascondo – e con grande sacrificio, ho dovuto lasciare andare un matrimonio e alcune relazioni familiari diventate tossiche.

Ho lasciato andare idee a cui ero affezionata, ma che non mi sostenevano più.

E ho lasciato andare amicizie, a volte storiche, ma con cui il dialogo si era esaurito e l’interesse si era spento.

E, non da ultimo, ho lasciato andare anche un lavoro precedente a quello che svolgo oggi come coach. Un lavoro che per anni ho amato e che mi ha dato molto, anche in termini di esperienza umana, ma in cui, a un certo punto, non mi sono più riconosciuta.

Troppa fatica fisica, troppo poco spazio per ciò che stava sbocciando dentro di me.

Ho sentito che era il momento di cambiare rotta. E l’ho fatto, non senza fatica. 

Non ho dimenticato nessuno ne nessuna esperienza fatta.

Conservo nella memoria tutto e tutti, a volte con affetto, nonostante tutto.

Altre volte con una serena indifferenza, proprio perché oggi non c’è più attaccamento.

E questo è il segno più grande di libertà interiore.



Come farlo? 

Una proposta in quattro passaggi:


1. Prendere consapevolezza

Inizia tutto da qui: riconoscere, senza sconti ma anche senza giudizio, che qualcosa è giunto al termine.

Può fare male, ma la verità, quella vera, ha sempre un sapore liberatorio.

Chiediti: sto restando per amore o per abitudine? Mi sento ancora vivo/a in questa situazione o semplicemente incastrato/a?


2. Riconoscere il valore di ciò che è stato

Non tutto ciò che finisce è stato un errore.

Anzi! Molte cose che oggi dobbiamo lasciare sono state, in passato, sono doni preziosi che ci hanno aiutato a diventare quello che siamo oggi.

Un lavoro che ci ha dato, insegnato delle competenze, un amore che ci ha fatto sentire visti, un’idea che ci ha dato direzione, una relazione che ci ha temprati e resi più forti.

Dire grazie è un gesto potente: l’importante è chiude con rispetto, non con rancore.


3. Chiudere davvero

Chiudere non significa solo allontanarsi fisicamente.

Significa smettere di tornarci con la mente, di rivedere messaggi, di trattenere conversazioni mai dette.

A volte può essere utile un piccolo rituale simbolico: scrivere una lettera (anche se non verrà mai inviata), bruciare un foglio, fare una passeggiata nel luogo del distacco.

Il corpo ha bisogno di gesti per comprendere ciò che il cuore già sa.


4. Lasciare spazio al nuovo

Solo a questo punto, possiamo davvero aprirci a ciò che verrà.

Non sappiamo cosa sarà, ma possiamo aprirci alla fiducia con uno sguardo nuovo e curioso.

Perché la vita tende a riempire i vuoti, purché siano vuoti veri, non occupati da fantasmi.

E noi possiamo decidere di fare spazio, di renderci disponibili, di accogliere il nuovo con grazia, senza fretta.


Chiudere i cerchi, dunque, non è debolezza. 

È maturità. 

È responsabilità verso se stessi.

È saper dire: ho vissuto, ho imparato, ora posso andare oltre, che si tratti di una persona, di un luogo, di una fase della vita o anche solo di un’idea che oggi non ci somiglia più.


 E tu, quale cerchio senti che è tempo di chiudere?

Se anche per te è arrivato il momento di lasciar andare qualcosa, ma non sai da dove cominciare, scrivimi.

A volte basta un confronto, una parola giusta, un ascolto presente per iniziare a fare il primo passo verso il nuovo.


Io ci sono.

 
 
 

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